”Anche i dolori sono, dopo lungo tempo, una gioia, per chi
OmeroOdissea
ricorda tutto ciò che ha passato e sopportato
Personale
A cura di Federica Cadamuro Morgante
Con il patrocinio della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani e
Intervento straordinario di Giordano Bruno Guerri
Cultural Club di Salò (Brescia)
Eroi omerici: guerre, imprese e gloria. Le mitiche narrazioni infiammano le menti e l’immaginazine evoca il ricordo delle grandi gesta. Le vicende omeriche di Troia restano tra le più narrate a noi contamporanei, tuttavia spesso ci si dimentica del “dopo”, ovvero di ciò che avvenne al termine della grande impresa.
Gli eroi di Omero tra romantiche guerre, successi e gloria rievocano il sentimento immortale che genera il ricordo del pathos, come se la reale impresa non si racchiudesse nella battaglia in sé per sé che li ha mutati forgiando il senso della loro esistenza, ma trovasse il suo significato nel lungo viaggio che li avrebbe riportati a casa. Sovrumani, smisurati e imperfetti, gli eroi appartengono a un passato in cui fondano città, danno origine a istituzioni, stirpi e famiglie, e intervengono quasi sempre come civilizzatori, salvatori, veggenti, guaritori, protettori della comunità e dispensatori di beni ma i loro sentimenti li avvicinano a ciò che ci rende squisitamente umani: Il dolore ,il desiderio, il rumore delle nostre scarpe che ci riportano lungo il percorso agognato, nostalgico ma che alla fine ci fa giungere nel luogo che definiamo casa.
È talmente sentito il tema del ritorno che ai Greci non bastava più tramandarlo oralmente attraverso i rapso di e gli aedi, hanno tradotto il sentimento in parole dando vita al’Epica che trova il suo iniziatore in Omero poeta e autore di grandi opere come Iliade e Odissea.
Nacque cosi Νόστοι, poema greco che componeva il ciclo troiano, incentrato sul tema letterario del ritorno in patria dopo la distruzione di Troia, seguito cronologicamente dall’Odissea. Sfortuna volle che ci pervenissero soltanto cinque versi di tutto l’intero poema, lascandoci pervasi dal mistero ma liberi di donare agli eroi l’agognato ritorno a casa cosi come per Ulisse che tornando nella sua amata Itaca ne bacia i campi fecondi.
Stefania Pennacchio, portatrice contemporanea della cultura classica mediterranea, ha voluto trasformare la parola in materia attraverso la scultura ceramica, sigillando cosi un eterno “nostoi” plasmato da argilla e forgiato dal bacio del fuoco come rito iniziatico per attraversare il viaggio del ritorno a casa. L’artista stessa sente la necessità di coniugare la sua esperienza professionale ad una ricerca spirituale di sé stessa e della propria vita, de nendo un punto di arrivo che segna il valico per un ritorno che, lei spera, la porterà molto lontano.
Stefania costruisce il suo “nostoi”, fabbricandosi laboriosamente i suoi elmi, le sue corazze, le sue lance, traversando nell’argilla della sua amata Itaca che registra e riconosce attraverso le sue mani il patrimonio genetico degli eroi.
“La corsa del vento disegnerà un con ne che chiamerò arrivo, oltre il canneto danzante toglierò la mia pelle, che cadrà come un mantello e raggiungerò il respiro dei miei compagni d’armi e d’amore”